lunedì 14 ottobre 2019

Dolori e cronicità secondo le 5 Leggi Biologiche








Quante volte abbiamo avuto l’esperienza di un dolore ad un’articolazione, ad un muscolo, alla schiena, ad un arto, insomma all’apparato locomotore (o MUSCOLO SCHELETRICO), arrivato all’improvviso, senza nessun trauma fisico locale che ne giustificasse la logica presenza?

E quante volte, così com’è arrivato, inaspettatamente, così è sparito?

Oppure quante volte invece, nonostante avessimo messo in atto svariati tentativi di risolverlo (tecniche e terapie varie) non siamo stati capaci di levarcelo di torno anche per mesi?

E, quando ormai essendoci rassegnati alla cronicità del dolore/fastidio, dandone scontata la presenza come “sgradito compagno di viaggio”, avendo ri-orientato la nostra attenzione alle cose della quotidianità, ecco che misteriosamente, magicamente, in modo inaspettato, ci accorgiamo che il fastidio è scomparso, così come era arrivato, dimenticandoci di quando ha smesso di farsi sentire…


Come si spiega tutto questo?

LA MAPPA DELLE 5 LEGGI BIOLOGICHE

Conoscendo la “MAPPA” delle 5 LEGGI BIOLOGICHE ci possiamo orientare in modo preciso su questo “TERRITORIO” che riguarda la struttura e la funzione specifica dei tessuti dell’apparato muscolo scheletrico e locomotore in genere (ossa, cartilagini, tendini, legamenti, muscoli striati, vasi), i quali derivano dal foglietto embrionale medio (MESODERMA) nel caso specifico dal tessuto originario MESODERMA RECENTE diretto dalla sostanza bianca.

L’osservazione del dottor Hamer ha permesso di verificare come questo tipo di tessuti risponda ad un evento inaspettato (SHOCK BIOLOGICO) che, nella percezione del mondo di quella PERSONA UNICA, riguarda il vissuto di non sentirsi in grado di... fare, agire… in relazione a qualcuno e/o qualcosa coinvolto da quell’evento: per il nostro organismo questa è un’emergenza.

Sensatamente, il corpo metterà in atto IMMEDIATAMENTE su tre livelli contemporaneamente (emotivo/comportamentale – cerebrale – organico) una risposta di FISIOLOGIA STRAORDINARIA con iniziale RIDUZIONE GRADUALE DI FUNZIONE di cui non ci si accorge e, se la percezione rimane focalizzata su quella specifica “allerta”, allora si attuerà anche una RIDUZIONE DEL/DEI TESSUTO/I coinvolti (necrosi) che col passare del tempo si potrà notare (es. atrofia dei muscoli), senza manifestare dolore o risentimento.

Dal momento che la persona si “mette l’animo in pace” rispetto alla sua percezione dell’accaduto o riesce ad essere capace di agire per uscire dall’impasse di quella situazione, ecco che inaspettatamente e senza nessun apparente nesso logico e causale, nell’ignoranza di questo meccanismo automatico di “funzionamento straordinario”, arriva il dolore, lasciando il malcapitato esterrefatto ed impaurito (“Che avrò?...sarà grave?...”) che non riesce a capacitarsi di questo “fulmine a ciel sereno”.

L'ORIGINE DEL DOLORE
Da cosa sprigiona l’improvviso e di solito invalidante dolore?
Essendoci stata una riduzione del tessuto (necrosi) nella fase di “emergenza” (FASE ATTIVA), sensatamente ci sarà una RIPARAZIONE (fase di soluzione dello shock) della zona coinvolta con leggera eccedenza: quella zona sarà più spessa e resistente di prima, vista l’esperienza fatta (es. callo osseo nella riparazione della frattura ossea).

Per fare accedere nuove cellule specifiche di ricostruzione in quella zona l’organismo attiva lì un’accelerazione del metabolismo (infiammazione come effetto di questo utile processo riparativo) ed un’espansione/scollamento della capsula di rivestimento dei tessuti (es. periostio) che essendo questa innervata dalla corteccia cerebrale post-sensoria, produce dolore (sensatamente finalizzato al riposo: c’è una riparazione in atto).

Poi, a seconda di quanto EDEMA (trattenimento dei liquidi, che è naturalmente aumentato in questa fase riparatoria) è presente in quei tessuti, ci sarà un maggiore stiramento/gonfiore che amplificherà l’intensità del dolore.
Questo è il motivo dell’insorgenza del dolore in quella parte (verificabile da chiunque in scienza e coscienza) anche in assenza di un trauma fisico.

Il fatto che la persona, ignara di quanto descritto fin qui, viva l’angoscia del non sapere cosa le stia accadendo, quanto più entra in ansia ed apprensione per il fastidio/dolore e ci porta continuamente attenzione, tanto più determina il cronicizzarsi del problema perché, nella sua percezione quella parte del suo corpo “non è a posto” e “M’impedisce di essere in grado di muovermi, di fare, di agire…”.


RECIDIVE E CRONICITÀ
Ecco in atto il “CIRCOLO VIZIOSO” che diventa un problema di RECIDIVA LOCALE, cioè mantenuto dal sentire il dolore e viverlo come limitazione, come “sentirsi ammalato” senza sapere perché, e prolungando di molto i fisiologici tempi di recupero (CRONICITÀ).

Conoscendo come si muove il nostro organismo a seconda della nostra percezione, cioè del modo di come vediamo il mondo e come ci relazioniamo ad esso, e verificando nella nostra quotidianità QUANTO DI QUELLO CHE VIVIAMO (come lo “sentiamo”) DETERMINA COME IL NOSTRO ORGANISMO RISPONDE, allora, anziché farci affliggere ed impaurire da ciò che il corpo manifesta, possiamo cogliere l’occasione di conoscerci veramente, facendo tesoro dell’esperienza vissuta, permettendoci di mettere in atto quello spostamento pratico, quel “fare qualcosa di diverso” in relazione a quella situazione, ed entrando in simbiosi con le nostre emozioni, osservare cosa produce, il tutto condito con pizzico di sana curiosità.

D'altronde, quanti maestri, saggi, autori hanno indicato che lo scopo della vita è conoscere chi siamo.




Luca Bartolini

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